La Pieve di S. Maria (sec. VIII- XV) è  testimonianza della diffusione del cristianesimo nel Bresciano e della prima organizzazione civile e religiosa della comunità gussaghese alle dipendenze del monastero benedettino di Leno. Nel 1313 vi fu siglata  dal vescovo Federico Maggi la “pace di Gussago” tra guelfi e ghibellini, di brevissima durata. L’edificio attuale, costruito  sicuramente  sul sito di un preesistente tempio medievale citato fin dal secolo XII nei documenti di S. Giulia[i], fu finito nel 1470; orientato est-ovest, ha la struttura  tipica delle chiese rurali  del XV secolo; la facciata rettangolare è più alta del tetto a capanna. L’ingresso principale volto a occidente ha un bel portale quattrocentesco di stile rinascimentale: nella pietra, decori a candelabra e in alto tre emblemi araldici,  del comune di Gussago a sinistra, dei Guaineri[ii] a destra e dei Casari al centro[iii]. Sulla parete  esterna a sud, sopra l’ingresso laterale, si notano formelle con teste maschili (metà sec. XV).Campanile a pigna con bella struttura in pietra.  

L’interno è a navata unica con arconi ad arco leggermente acuto su pensili a foglia grassa; dall’ingresso principale, sulla parete destra, nella seconda campata, affresco con S. Genesio e Madonna con bambino in trono (1500-1510), altro affresco con Madonna e Bambino in trono con S. Nicola da Tolentino, poi altare di S. Nicola da Tolentino del 1631 con stucchi di G. Crescini e decorazione pittorica di Gian Giacomo Barbello (1604-1656) intorno all’affresco centrale con S. Nicola (1470); ingresso laterale con acquasantiera a colonna (primo ‘600), nella quarta campata affresco con S. Domenico (1476), poi nella quinta campata olio su tela con Esaù e Giacobbe (sec. XVIII), affresco con Madonna con Bambino in trono (sec. XV).

 Nella cappella dell’Immacolata Concezione, del primo Seicento, altare policromo del primo Settecento; paliotto in marmo intagliato (1700-1710) opera di  Domenico Corbarelli con la raffigurazione di Gesù che consegna le chiavi a Pietro; sopra l’altare, tela dell’Immacolata Concezione (sec. XVIII); sulle pareti,  sinopia di cavallo (1475-1499),  affresco della vocazione di S. Pietro (primo ‘600); nella volta, stucchi modellati-1600,1624- con putti e festoni che racchiudono scene della vita di Maria (nascita, Maria al Tempio, matrimonio, Gioacchino e Anna alla porta aurea, Annunciazione).

Sempre dall’ingresso principale, osserviamo la chiesa sul lato sinistro: nella controfacciata, epigrafe a tempera su intonaco del 1500 con scritta della consacrazione del tempio; affresco con padiglione e cartiglio (secondo Cinquecento); nella seconda campata, tela con Cristo che porta la Croce e S. Pietro (sec. XVIII) e  lapide in stucco inciso del 1658; segue la cappella con altare del SS.mo Sacramento (1600-1624) in legno marmorizzato; sopra, pala del 1599 con S. Elena, S. Lorenzo, S. Francesco e i Disciplini di Santa Croce, forse opera di Sebastiano Aragonese; l’ancona di questa tela ha decorazioni a stucco modellato e dipinto, altorilievi con angeli reggenti ostensorio, statua di S. Lorenzo e altro Santo, e bassorilievi: angelo con turibolo, testa alata, cartiglio, profeta, Gesù  Risorto e Isaia, nel timpano, a destra.

Dopo il “pulpito di Maviorano” (lastre longobarde  dell’VIII secolo[iv]), Cappella   della Madonna del Rosario (sec. XVII) con altare del primo Seicento, bassorilievi (sculture, testa alata, angelo con ghirlanda, cartiglio), e altorilievi (angelo con mazzo di fiori, Madonna col Bambino e  altro angelo con fiori). Dipinto di S. Bartolomeo del primo Seicento. Sempre sul lato sinistro, verso il presbiterio, Cappella dei Disciplini (sec. XVI); ciclo pittorico nel protiro con affresco di S. Rocco e affresco dell’annunciazione (sec. XVI); altare in scagliola marmorizzata; sulla parete di fondo  della stessa Cappella, dipinto murale del 1476 con Madonna  della Misericordia, i Santi Emiliano e Antonino; nel registro inferiore, a sinistra, stessa Cappella, ciclo di dipinti murali sul Beato Simonino da Trento del 1476, e a destra, affresco della Trinità, 1476; nella stessa Cappella, parete sinistra, affreschi con S. Alberto Magno, S. Girolamo, Martirio di Simonino, Madonna con Gesù in trono; sulla parete di fondo, affresco con angeli musicanti (sec. XVI).

Il presbiterio con volta a crociera costolonata  è  chiuso da balaustre in marmo rosso, bianco e nero del 1698, altare maggiore (1700-1710) attribuito al Corbarelli,  in marmo policromo intarsiato con grata in ferro battuto di Paolo Cimbinelli (fine ‘600), a cui sono attribuite anche le teste alate ed i festoni e il tabernacolo con cariatidi.

Nel lato sinistro del presbiterio, tela di Antonio Gandino(1565-1631) con S. Benedetto che accoglie S. Mauro e S. Placido (1620); a destra,  olio su tela ovale raffigurante S. Carlo Borromeo in adorazione del Crocifisso; dietro l’altar maggiore, coro ligneo del secondo Seicento; al centro dell’abside,  Polittico della Madonna del Rosario di Luca Mombello, con Madonna del Rosario, Santi Domenicani e devoti, contornati da quindici quadri dedicati ai misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi; nella cuspide del polittico, lunetta con Dio Padre e Angeli.

Nell’abside poligonale, che un tempo  doveva avere  il catino ad ombrello,  troviamo un interessante ciclo pittorico attribuito[v] al Maestro di S. Felice del Benaco( XV secolo), appunto per le affinità con le decorazioni del Santuario del Carmine di S. Felice del Benaco: al centro dei riquadri del registro superiore vediamo la Vergine assunta tra angeli musicanti, con strumenti musicali medievali (buccine, cetre, arpe, cembali ribeche); nel registro inferiore  ci sono sei apostoli che assistono alla scena. 

[i] Si racconta di 12 capitelli ora dispersi. Altra fonte: Commentari Ateneo di Brescia,128(CIIVIII)

[ii] Erano sicuramente i committenti ufficiali di tale ricostruzione; il Prevosto dell’epoca era della nobile famiglia Guaineri .

[iii]  In una recente tesi di laurea lo stemma viene attribuito alla famiglia veneziana Marcello, per un abate  Marcello nominato dal monastero di Leno,  ma rinunciatario.

[iv]  Tali lastre, usate per secoli come parti di un pulpito e così popolarmente definite, erano in origine parti di un ambone, di una balaustra che chiudeva l’area presbiteriale;  nella loro decorazione , con funzione didattica, sono la sintesi della fusione della cultura longobarda con quella cristiana. La lastra principale è divisa in due parti dall’albero della vita, a destra e a sinistra si vedono il pavone, simbolo di immortalità, l’aquila, simbolo di potenza e sapienza, che solleva il serpente, simbolo del male, il pesce e l’agnello, simboli di Cristo, il leone in atto di umiltà, l’uva dei tralci evangelici simbolo di pienezza  di vita e di Redenzione; in quella laterale una grande rosetta solare simbolo dell’universo,  chiude nel flusso della vita altre rosette simbolo del sole, un inno alla Redenzione. Sempre in quella principale, si legge la scritta “Maviorans”, forse firma dello scultore o del committente, che potrebbe essere il cavaliere scolpito in basso a destra, con ricca armatura, testimone di una rinnovata umanità.

[v] Nel dibattito intorno a tale attribuzione, si parlò di modelli iconografici del Foppa, del Da Cemmo e nei volti modelli del maestro di Nave o Paolo da Caylina il vecchio.

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