RIFLESSIONI DEL PARROCCO

QUALE CHIESA E QUALE CRISTIANO

Vi voglio offrire una riflessione articolata ma che parte da ciò che mi porto dentro vivendo intensamente questo tempo della Chiesa e del ‘mondo’.  Non ha nessuna pretesa di  imporsi ma forse di proporsi come motivo di riflessione in quanto alcune sottolineature potranno sembrare provocatorie.

Vi potrà sembrare una riflessione lunga e, a tratti, ombrosa ma vorrei che fosse per tutti perché su questi orizzonti si gioca il futuro del nostro credere e della Chiesa.

Chi è il cristiano oggi?

O meglio sarebbe chiederci:  perché la bellezza umana dell’essere cristiani non attrae? Perché non riusciamo più a dire che Gesù di Nazareth detto il Cristo può essere via per una vita umana compiuta?

Abbiamo proprio dimenticato la forte affermazione conciliare «Chi segue Gesù, l’uomo perfetto, diventa lui pure più uomo» (GS 41) alla quale fa eco:  «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. […] Cristo, che è l’Adamo definitivo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione». (GS 22)

Certamente è sconcertante che tanti cristiani non abbiano maturato questa scelta e il loro essere discepoli sia semplicemente adempiere ancora qualche atto religioso che sentono precetto o rito fine a se stesso.

Certamente stà qui la grande crisi di fede nei paesi occidentali: l’uomo sceglie continuamente strade di autorealizzazione dove il Dio di Gesù Cristo è stato estromesso.

Inoltre  molti hanno abbondonato la Chiesa e di conseguenza anche Gesù di Nazareth quali elementi di scandalo che tolgono dignità all’uomo e alla sua umanità. Il detto di ieri ‘Cristo sì, Chiesa no!’ oggi andrebbe ritradotto con ‘Chiesa no, Cristo no!’.

Inevitabilmente oggi viviamo  e, forse, subiamo totalmente  quanto contesti culturali hanno segnato l’annuncio su Dio e sull’uomo. Ne è un indizio l’epoca dei grandi ateismi ideologici che hanno proposto la negazione di Dio al fine di poter affermare l’uomo.[1]

Qualcuno si chiederà perché questa riflessione ad una comunità cristiana, a una parrocchia!

Perché sempre più sono convinto si debba ripartire da qui e trovare strade perché questo annuncio, oggi più che mai proposta di vita per la persona, possa raggiungere l ‘uomo là dove vive.

C’ è un passaggio, comunque, che stà all’origine di questo nuovo possibile processo, c’è una presa di coscienza nuova che devono compiere coloro che ancora si dicono cristiani.

Non possiamo non dirci con chiarezza e riconoscere la ‘costante e sordida debolezza del cristianesimo stesso, spesso appesantito e spento, ridotto a una realtà epidermica ed esteriore, di apparato e di tradizione, tendenzialmente devozionale. Una realtà nella quale si assiste alla ripetizione talvolta meccanica di un alfabeto fatto di parole, di riti, di liturgie, dentro a un impianto che appare stantio, intimista, poco appassionato e appassionante’[2].

Continuare a star dentro un cristianesimo così rischia di portare avanti un «cristianesimo senza Cristo», di svuotare e rendere semplicemente religione la bellezza del cristianesimo.

Il passaggio che i cristiani dovranno necessariamente compiere è tornare a Cristo: solo così anche la vita della Chiesa si rinnoverà.

‘Non ci seduce certo la prospettiva ingenua che, di fronte alle grandi sfide del nostro tempo, possa esserci una formula magica. No, non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi! Non si tratta, allora, di inventare un « nuovo programma ». Il programma c’è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste’.[3]

Il noto teologo Hans Küng, nel famoso Essere cristiani oggi, rispondeva a questo interrogativo con venti tesi.. Nelle prime tre, infatti, scrive:

«Cristiano non è semplicemente chi si impegna a vivere in una dimensione umana o sociale o, in particolare, religiosa. Cristiano è piuttosto e soltanto chi si impegna a vivere la propria umanità, socialità e religiosità riferendole a Cristo. Specifico e peculiare del cristianesimo è lo stesso Gesù Cristo».

Perciò continuava: «Essere cristiani significa: vivere, agire, soffrire e morire in modo veramente umano, seguaci di Gesù Cristo nel mondo d’oggi». La sequela di Gesù, il riconoscerlo come Signore della vita e della morte, il mettersi dietro di lui assumendo il suo stile, i suoi sentimenti, la compassione del suo agire vengono prima dell’apparato religioso, della visibilità delle strutture o delle norme morali.

Anche il teologo tedesco Rahner richiama come sia anzitutto importante attuare una «predicazione di Gesù dal basso», capace di presentare in maniera viva «la vera, semplice, autonoma, sperimentabile umanità di Cristo».

Perché  questo primo passo avvenga, diciamolo con tanta serenità ma con forza, deve cambiare l’apparato ecclesiastico: cambiamento, mi pare, che  in molte Parrocchie già si sta vivendo. Centralità di una liturgia che guardi al mistero ma un mistero che illumini e dia forza alla vita feriale del credente; essenzialità nella burocrazia e uffici, sollevando i parroci da responsabilità amministrative, strutturali e gestionali;  dismissione o vendita di strutture che non sono servizio pastorale e che difficilmente riusciremo a tenere in  piedi; effettiva corresponsabilità dei laici su aspetti pastorali e gestionali; liberarci decisamente da un clericalismo che ancora troppo pervade la Chiesa e condiziona il servizio dell’autorità: questo aiuterebbe anche noi presbiteri a trovare una presenza nuova dentro questa Chiesa che cammina nell’oggi della storia; esame di coscienza all’interno della Chiesa perché i mali che la affliggono non siano considerati strutturali ma si ritengano decisamente da affrontare, combattere e sconfiggere. E tanto altro che lo Spirito non smetterà di buttarci in faccia.

 Tanti ripongono grandi attese di rinnovamento della vita della Chiesa con il prossimo Sinodo. Io sono tra questi anche tra forti perplessità. Mi auguro davvero sappiamo guardare e rischiare al nuovo necessario, pur senza intravedere un cammino chiaro, piuttosto che continuare ad ancorarci a quelle che riteniamo sicurezze ma non parlano più del Dio di Gesù Cristo all’uomo di oggi.

Oggi alla Chiesa il coraggio di gettare le reti pur avendo come certa solo la Sua Parola.

Allora nascerà la seconda dimensione dell’essere cristiani oggi. Il cristiano rende vero il suo incontro personale ed ecclesiale con Cristo vivendolo dentro la sua ferialità e dentro il contesto culturale che gli è dato. Visto il contesto culturale senza Dio  il cristiano sa che occorre cogliere la sfida su un rinnovato annuncio del vangelo.

Non si tratta, quindi, di qualche aggiornamento dei linguaggi e di altre mediazioni, quanto dell’impegno a riproporre in modo nuovo la vicinanza/prossimità di Dio svelataci in Gesù Cristo, come promessa di felicità per la vita umana.

Sapete oggi perché molti cristiani sono critici nei confronti della Chiesa e molti oggi sono indifferenti alla Chiesa? Perché in un  mondo profondamente lacerato da divisioni, da discordie, da rancori; in un mondo fortemente alla ricerca di pace, incontro e dialogo … in questo mondo  i cristiani sembrano spesso aver semplicemente riprodotto nella Chiesa le divisioni del mondo circostante.

Molto ci sarà da ripensare, altro da inventare ma il primato rimarrà alla relazione con l’altro; il cristiano saprà che la Parola che attraversa il suo credere e il suo vivere potrà arrivare all’altro attraverso relazioni serene e libere.

La relazione sarà via privilegiata per dire il Dio che si è rivelato in Gesù, Dio della compassione e della tenerezza, Dio della libertà che non si sostituisce all’uomo e non pretende di governare tutto dall’alto, Dio amico dell’uomo.

Se questa Parola arriverà attraverso la relazione penso possa affascinare ancora oggi perché potrà offrire uno stile di vita alternativo, proprio del cristiano, uno stile che attrae perché forma la vita e perché la solitudine viene vinta dalla prossimità del volto dell’altro.

Quindi per chi accetta e accetterà il Vangelo di Gesù Cristo, ci vuole e ci vorrà, primariamente,  tutta una formazione ad un altro modo di vivere, che metta in prima fila la comunione. Su questo secondo orizzonte ci torneremo in modo più organico.

Il Vangelo tornerà a correre per le strade della storia. Buon riposo a tutti cari fratelli!

                                                                                              Don Renato

[1] CEI – Comitato preparatorio, In Gesù Cristo il nuovo umanesimo. Una traccia per il cammino verso il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale

[2] Riv. Settimana – Essere Cristiani oggi – F. Cosentino . 06.09.2022

[3] Lettera  Apostolica Novo Millenio Ineunte – Papa Giovanni Paolo II – n.29

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